La Madonna della Tagliamento
Carissimi Reduci della «Tagliamento»! Da un bel po’ di tempo v’aspettate, certamente, notizie della «nostra» Madonna. – Che cosa fa quel benedetto Cappellano? Dorme? Non potrebbe mandarci almeno quattro righe?
Avrei potuto e dovuto. Ma c’era una difficoltà oggettiva: – Si fa o non si fa il Raduno? E se non lo si può fare quest’anno, a quando lo si rimanda?
All’ultima domanda non saprei rispondere nemmeno adesso. Nè spetta a me il decidere. E poi, a quale scopo mandare «quattro righe», spendendo dei bei soldini? Bisognava pure dare una particolareggiata relazione delle oblazioni raccolte – come si è sempre fatto – e parlare del monumentino costruito. Questo in «quattro righe» non ci stava. Ecco perchè ho atteso. Ora approfitto di un momento di sosta nei miei lavori – anche i preti lavorano! – e ve la conto tutta.
Prendetela con pazienza: a voi non costerà che la fatica di leggere, se lo volete. A me costa il tempo necessario per scrivere e la spesa della stampa. Per procedere con un po’ d’ordine, dividerò la mia chiacchierata niente po’ po’ di meno che in tre parti.
Nella prima darò la «Relazione». Nella seconda narrerò come nacque l’iniziativa e come fu attuata e quale ne voglia essere il significato. Nella terza vi farò quella che sul frontespizio ho chiamato «predica lunga». In realtà si tratta di uno sfogo strettamente personale, nel quale dirò alla schietta come veda io certe cose.
– E dài, allora, cappellano. Tanto, non sparano più da Nikitino; e Pappalepore, il nostro bravissimo medico del 63° Battaglione, non ha bisogno che l’aiuti a drenar ferite od a scrivere basse di ricovero sulla carta d’involto del cotone.
PARTE PRIMA – RELAZIONE.
1. – Il nostro monumentino.
Dovete sapere, in primo luogo che è riuscito una sciccheria. Bisognerebbe vederlo coi propri occhi. Chi l’ha visto ne è rimasto molto contento. Naturalmente non si tratta di un monumentone. Quel che si può fare, oggi, con circa ottocentocinquanta mila lire. Una cosa semplice, ma davvero bellina. A chi non l’ha veduta occorre dargliene un’idea. Vi aiuteranno a capire le fotografie qui incluse.
Dunque, il monumentino è collocato sopra un residuo pezzo di terra dell’antico sagrato o cimitero di Latisana. Si tratta di uno spiazzo ondulato, verdeggiante d’erba ed abbellito da qualche pianta sempreverde. Esso è racchiuso e protetto come meglio non si potrebbe: a sud dalla chiesa abbaziale, a nord dal muretto di cinta della casa canonica, a est da un alto muro che lo divide da una retrostante casa e corte privata e ad ovest dal campanile. Lo spiazzo misura metri 23,90 per 23,90, più altri sedici retrostanti alla Chiesa. Fra il campanile e la chiesa c’è un’apertura di metri 15,50, dalla quale si accede al sagrato. Il nostro monumentino si erge sopra un rialzo presso l’alto muro a est, ma staccato da esso.
Avete l’impressione che sia quasi nascosto? Ma nient’affatto. Lo si vede benissimo dalla via principale della città di Latisana. Chi si collochi su questa via e guardi a est vede sulla destra il piazzale lastricato dinanzi alla chiesa abbaziale dalla bella facciata settecentesca e sulla sinistra il campanile. Laggiù in fondo, a ottantatrè metri di distanza, campeggia candidissima la «nostra» Madonna, sullo sfondo grigio di un monolitico arco di cemento. Ancora sulla sinistra, dal campanile alla via, correrà un elegante portico moderno, di ventisei metri, eseguito già per diciotto.
Ne risulta – e soprattutto ne risulterà ad opere compiute – un ambiente armonioso e raccolto, così da dar l’idea, come si dice già, di un salotto. Eppure frequentatissimo, poichè il portico sarà fitto di negozi ed intramezzato da una galleria. E poichè non sarà possibile che l’accesso pedonale, rimarrà un luogo di tutto rispetto. Se sarà necessario, fra il campanile e la chiesa metteremo una cancellata in ferro battuto. L’ambiente sarà noto a Latisana, antica ed estrema punta del patriarcato di Venezia, sotto il nome di «Campiello della Regina Pacis».
2. – Quel che ci proponevamo di fare.
Avremmo voluto inaugurarlo, come sapete, il 5 settembre. Ci sarebbe stata la celebrazione di una Messa in suffragio per nostri Caduti. Poi la benedizione del monumento, dopo la quale il nostro dottor Bruno Staffuzza, nella sua qualità di notaio, avrebbe letto un «Atto di consegna» con cui si affidava la «nostra» Madonna alla pieve di Latisana nella persona del suo Abbate, mons. Lionello Del Fabbro, anche lui Cappellano Militare in Russia.
Quindi ci saremmo recati sulle sponde del vicinissimo Tagliamento, nelle cui acque, per iniziativa dei Combattenti di Latisana, un aereo avrebbe gettato delle corone di fiori in memoria dei Caduti di tutte le guerre. Ed infine ci saremmo trovati insieme per un paio d’ore nei locali dell’Asilo Comunale per la colazione al sacco e le immancabili effusioni a tu per tu e qualche allocuzione del Comandante o d’altri.
Voglio darvi qui il testo di tre volantini, bianco, rosso e verde, che l’Associazione Combattenti di Latisana, presieduta dal sig. Pavoni cavalier Giovanni, avrebbe fatto piovere a migliaia dal cielo; e da queste pagine a nome vostro e mio esprimo il più vivo ringraziamento per la gentile iniziativa.
Verde: Latisana ringrazia i reduci della «Tagliamento» per la bella opera dedicata alla memoria dei Gloriosi Caduti in Guerra. Bianco: A Te, Madonna «Regina Pacis», nel nome dei Caduti e Reduci di tutte le guerre. Rosso: Gli ex-Combattenti di Latisana salutano i Reduci di Russia della «Tagliamento».
Carissimi, non è vero? I nostri compagni d’arme, i bravi ex combattenti di Latisana e le Associazioni d’Arma, gli Alpini e Bersaglieri e Marinai e Genieri e … tutti insomma! Gli ex Alpini, in particolare, ci hanno detto: «Il giorno dell’inaugurazione ci saremo noi, a guardia d’onore del monumento!».
3. – L’Atto di Consegna.
Ma voglio darvi inoltre il testo completo dell’Atto di Consegna, uscito dal cuore e dalla penna del nostro dotto Bruno Staffuzza, il quale lo ha pure fatto stendere artisticamente su pergamena. Uno dei nostri reduci, per nulla facile al pianto – trovava il modo di scherzare anche a Woroscilova ed a Mikailowski – se l’è inciso su nastro, è andato a sentirlo davanti la nostra Madonna e lo ha fatto ascoltare ad alcuni di noi; se non pianse, ne era altamente commosso.
In verità non c’è parola che non riveli un sentimento nobilissimo, elevato sino a diventare lirico, profondamente sincero: più che l’anima dello Staffuzza vi si sente «l’anima della Tagliamento». C’è mai qualcuno che vi avverta dell’enfasi patriottica? Se c’è, ricordi che lo Staffuzza viene da quel clima irredentistico del Friuli Orientale, nel quale prima del 1915 il nome «Italia» era un sogno da innamorati. Ma giudicate da voi:
Domenica cinque del mese di settembre dell’anno millenovecentosessantacinque in Latisana. (5 settembre 1965)
Il Comitato Reduci dal Fronte Russo della Legione CC. NN. Tagliamento offre alla Comunità Latisanese e consegna alla Pietà della Gloriosa Pieve Abbaziale di Latisana in persona del Rev.mo MONS. LIONELLO DEL FABBRO Abbate e già Cappellano Militare in Russia, la stele portante la statua di bianco marmo della «REGINA PACIS».
I Reduci della Legione, che raccolse nei suoi reparti: Comando di Legione, 63° Btg. Udine, 79° Btg. Reggio Emilia, Compagnie Mitraglieri di Piacenza e di Cuneo, 63° Btg. A.A. della Sassari ed Autoreparto del R.E., 1608 Combattenti, che ebbe in soli diciotto mesi di eroiche battaglie 192 Caduti, 224 dispersi, 713 feriti, 319 congelati e ben 1110 uomini di complemento,
qui alle foci del Tagliamento, argenteo nastro che scorre a mezzo l’italianissimo Friuli, nei secoli baluardo orientale della Patria diletta,
qui sulle rive del Fiume, che diede al loro reparto un Nome Glorioso, fatto più fulgido da una Medaglia d’Oro e da una d’Argento concesse al Labaro e da ben 250 ricompense al Valor Militare concesse ai singoli Legionari,
affidano la Memoria di Quelli che caddero, in cosciente olocausto per il Culto della Religione e della Patria, alle Genti di Latisana, invocando per Essi, col patrocinio della «Regina Pacis», una cristiana preghiera.
All’ombra protettrice della Pieve, nel Sacrato già benedetto per le spoglie dei Vostri Antenati, vegliati dal mormorio delle onde del Tagliamento, che dalla Mauria e dalla Carnia, attraverso il Friuli, recano la invocazione di Quelli che per l’Italia dormono «sot lis cretis»,
i Caduti della Legione, povere ossa disseminate nelle lontane steppe, qui si adunano placati dal conforto della nostra e Vostra prece, o Genti di Latisana, certi di ascendere, oltre il Cielo della Gloria delle Armi, con la «Regina Pacis», dietro la Croce, che sempre precedette il Labaro della Loro Legione, nei Cieli Supremi del Signore, ove è Pace e Serenità.
Gli offerenti fanno voto che la Comunità tutta di Latisana abbia a ricordare così tutti i Suoi Caduti ed i Suoi Dispersi di tutte le guerre in un solidale auspicio di pace operosa e di cristiana concordia nel vincolo comune della Patria.
IL COMITATO.
Ha rogato l’atto il notaio dr. Bruno Staffuzza, ex uff. della Legione; accetta il simbolo Mons. Lionello Del Fabbro, Abbate, a nome della Pieve di Latisana. Scolpì la statua il maestro Arrighini Nicola, da Pietrasanta. Progettarono l’opera: l’arch. dotto prof. Vignaduzzo Luciano ed il prot. Galasso Lionello, da Latisana; eseguì i lavori l’impresa Galasso Giuseppe, da Ronchis di Latisana.
4. – L’alluvione del Tagliamento del 2 settembre.
Il 5 settembre sarebbero accorsi a Latisana tutti i nostri reduci dal Friuli, dall’Emilia e da ogni altra regione. Sappiamo che dall’Emilia sarebbero venuti tutti i «nostri» e molti altri. Purtroppo l’alluvione del Tagliamento mandò a catafascio il raduno. Un segno evidente, però, che a Latisana il nostro monumento era al suo posto: proprio un luogo da «Tagliamento».
Le acque del nostro fiume, tracimate di sopra all’argine, ne squarciarono poi un lungo tratto ed invasero la città. Si fermarono ai margini del sagrato: la nostra Madonna non ne fu toccata, non fu lambita neppure l’erba del sagrato. Dietro alla Madonna c’era un metro e mezzo di acqua melmosa. Il 5 molti Latisanesi erano rientrati; e non pochi domandarono all’Abbate: «Non inauguriamo oggi la Madonna?». Dio sa quanto avessero da pensare per le loro case e per le loro robe; eppure la nostra Madonna era ormai per loro tanto cara che ci dispiaceva di non poterne vedere l’inaugurazione. Quel giorno ebbi anch’io la sorte di recarmi laggiù con l’Arcivescovo di Udine; e posai per una foto accanto a Lei.
Ma forse molti di voi, Reduci carissimi, non sanno che Latisana dovette venire sgombrata una seconda volta (il 22 settembre); e che la previsione di nuovi pericoli non era e non è del tutto scongiurata, dato il sopravvenire dell’autunno ordinariamente piovoso e poichè gli argini non sono completamente restaurati.
5. – Il 3 ottobre, festa del Rosario.
Il 3 ottobre ci demmo convegno a Latisana alcuni del Sottocomitato del Friuli: oltre ai Latisanesi Todisco e Petiziol, c’erano Staffuzza, Cristofoli, Gaiotti, De Vittor, Antoniali, Cossio, Masolini, Baulino ed il sottoscritto. Volevamo discutere sul da farsi.
Ero appena sceso dall’auto, quando il nostro prof. Nino Cristofoli mi avvicina e mi dice: «Senti un po’. Di ritorno da Roma sono passato giorni fa con mia moglie per Latisana e mi sono portato davanti alla nostra Madonna. Ho visto dei mazzi di fiori e della gente che vi andava a pregare. Non sarebbe giusto dare una benedizione alla statua, perchè non sia un marmo qualunque, ma qualcosa di sacro, poichè la gente la fa oggetto di venerazione? Rimanderemo a tempo più opporrtuno la benedizione solenne del monumento. Ma mi pare che la statua bisognerebbe benedirla subito».
Pensai che fosse un’ispirazione dall’alto. E detto fatto ne parlai a mons. Abbate. Doveva ancora iniziarsi la funzione con la processione della Madonna del Rosario. L’Abbate avvertì il pubblico che a processione finita sarebbe stata benedetta la Madonna. E così avvenne. C’era una bella folla sul sagrato. E lì, accanto alla Madonna, eravamo noi, undici rappresentanti della «Tagliamento». Una cosa improvvisata, ma che riuscì tanto bene. Prima di dare la benedizione, dissi alcune parole.
E cioè, che la cerimonia era improvvisa anche per noi; pochi minuti prima non ci pensavamo. Ma la pietà stessa dei Latisanesi ci costringeva a farla, rimandando ad una circostanza migliore una celebrazione più solenne. Ai piedi della Madonna c’erano due mazzi di fiori d’arancio e due vasi di rose. Era provvidenziale – dissi – benedire quella statua la festa del Rosario, perchè a Spezzano Albanese e soprattutto a Cassano Jonio avevamo celebrato nel maggio del 1941 famosi Rosari; e perchè avevo trovato quasi sempre la corona del Rosario per legare le mani dei nostri Caduti. Quelle mani, legate con la corona di Maria, mi dicevano: «Benedici, cappellano; oggi è la giornata giusta!». Accennai al Papa che il giorno dopo si sarebbe recato all’ONU per esortare alla Pace; e chissà quante volte in aereo avrebbe detto: «Regina Pacis (le parole sotto la statua), suggeriscimi parole efficaci!». Ed accennai alla festa del giorno dopo, di S. Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia. Il nostro monumento era insieme di fede e d’amor patrio …
Ci recammo quindi in canonica. E mons. Abbate ci raccontò che gli sposini novelli hanno già preso l’abitudine di andarsi a fotografare presso la nostra Madonna e le sposine vi lasciano il loro mazzo di fiori; che la gente vi corre a pregare … Ed io pensai alla lettera di un reduce, che mi ha inviato una sua seconda offerta perchè s’era votato alla «nostra» Madonna e ne era stato subito esaudito.
Cominciavano a scendere le prime ombre notturne. Ma prima di lasciare Latisana, ritornammo tutti accanto alla Madonna. Poco avanti l’avevamo vista riverberata dal rosso del tramonto; ora era illuminata dai proiettori elettrici collocati da noi. Una scena soave! Ci dispiaceva di allontanarci …
6. – Quel che si farà.
Qualcuno è già passato di lì. E mi ha scritto: «Cappellano, oggi mi sono fermato a pregare davanti la nostra bella Madonna … Quando vi ci troveremo assieme? Non lo so. Ma presto o tardi sì. Lo decideranno il Comitato ed i Sottocomitati. Ci daremo appuntamento magari in altre località; ma in modo di passare di lì e sostare come in pellegrinaggio.
Ad ogni modo, siete ormai tutti avvertiti. Friulani od Emiliani o di altre regioni, quanti passate per Latisana, ricordatevi che c’è la nostra Madonna. Andate pure a bere un «tajeto» all’osteria. Ma andate anche ai suoi piedi. Non solo per un atto di fede e di sentimento religioso. Ma quando siete lì, pensate ai nostri Morti ed a tutti gli Amici superstiti, ovunque quelli e questi siano.
Per conto mio impongo ed esigo una «tassa ». Chiunque passi di lì, mi mandi una cartolina. Non per me, ma affinchè sappia che vi siete ricordati. Il Cappellano avrà diritto, spero, almeno a questo vostro «quartese»!
7. – Relazione finanziaria.
Quando vi mandai la prima circolare, vi dissi che avremmo avuto bisogno di circa L. 400.000. Sapete dove siamo arrivati? Esattamente a L. 1.052.980. Un segno stupendo di quanto l’iniziativa abbia incontrato il vostro appoggio.
Abbiamo speso L. 840.920 per il monumento, fra disegni, trasporti, materiali e manodopera. Abbiamo versato L. 50.000 all’Oratorio Parrocchiale di Latisana, sia per esprimere la nostra riconoscenza a quanto ha fatto mons. Abbate e tutto il popolo di Latisana in omaggio alla nostra Madonna, sia come nostro piccolo contributo per i danni della alluvione. E nonostante tutte le spese di francobolli e stampa delle tre circolari speditevi da me, o di altre spese telefoniche o telegrafiche o postali per la esecuzione dei lavori, ritengo che ci avanzeranno circa L. 100.000.
Cosa ne faremo? Beh, si vedrà. Qualcuno vorrebbe che si trovasse il modo di scrivere sul monumento i nomi dei Caduti e Dispersi; qualcuno pensa ad una targa di bronzo con almeno una parte della «pergamena Staffuzza»; poi ci sarà da fare, forse, qualche altro lavoretto, come un portafiori, la cancellata, ecc. E se non bastassero? Niente paura. C’è sempre chi è pronto a slargare i cordoni della borsa. Mica per nulla siamo della «Tagliamento»!
Una piccola aggiunta. I nostri Reduci Latisanesi hanno sofferto danni per l’alluvione, ed il nostro caro comm. prof. Avenati, buono com’è, voleva promuovere una sottoscrizione. Loro non l’hanno voluta. E Petiziol, che ha sofferto di più coi suoi quattro figli, ha donato le ferie per assistere ai lavori del monumento. Grazie di cuore a tutti!
8. – Osservazioni sulle offerte.
Non so se qualcuno si aspetta ch’io riproduca tutti i nomi degli offerenti con la somma offerta da ciascuno. Ebbene, no. Abbiamo pensato che è meglio no. Perchè non vengano rilevate assenze, perchè non si facciano indiscreti confronti. Chi ha dato, specialmente chi ha dato di più, l’ha dato col cuore; non certamente per pubblicità. Tuttavia permetterete al cappellano di fare alcune osservazioni.
a) Gli «assenti». Dispiace che non si possieda un elenco preciso di tutti i Reduci della «Tagliamento», ivi inclusi quelli del 63° AA. e gli Autieri. Comunque sia, gli amici Margini e Todisco mi hanno dato circa 480 nomi. Poichè cinquantacinque sono risultati o deceduti o trasferiti o sconosciuti al portalettere, rimangono 425, che si devono presumere, grazie a Dio, vivi e vegeti.
Di questi hanno inviato offerte 261, cioè 61,4%; non hanno dato alcuna risposta 164, cioè 38,6%. Si può supporre, e ne conosco qualche caso io stesso, che alcuni non abbiano proprio potuto; mettiamo una ventina. Restano 140. Qualcuno non avrà risposto perchè se n’è dimenticato, oppure perchè mancante per qualche ragione, anche se le circolari non sono state respinte. Ad essere larghi, mettiamo una ventina. Resterebbero 120. Si dovrebbe concludere che cinque han detto si e due no. Di questi, circa settanta sarebbero Emiliani (comprese, oltre Reggio, le province di Modena, Mantova, Parma e Piacenza) e quarantacinque Friulani.
Siamo d’accordo che ognuno è libero e non si dà più il caso di sentirsi dire: «Sei comandato». Ammetto anche che qualcuno non ce l’abbia con la religione e coi preti (e qui si trattava di una Madonna); o che non abbia dato per ripicco o per pettegolezzo o per avversioni personali (ma spero di no, perchè non sarebbe serio). Resta il fatto che gli assenti sono troppini.
Si è riusciti egualmente, sì. E chi ha dato, non credo che oggi per questo si senta più povero. Sono persino certo che molti daranno ancora. «Ma perchè insiste tanto? – chiederete voi. Beh, perchè avrei desiderato che avessero risposto tutti. Non per la Madonna o per un riguardo a me (quale poi?), ma per un gesto cordiale di fraternità d’armi…
b) Alcuni degni di menzione. In compenso ci sono stati di quelli che hanno risposto in modo commovente. Non faccio nomi, e loro mi comprenderanno e scuseranno. Ma, siccome in una circolare avevo detto che la «media» delle offerte si aggirava sulle cinque e poi sulle quattro mila lire, c’è stato qualcuno – povero operaio – che ha atteso e faticato per mettere vicino le cinque o quattro mila lire che sul momento non aveva. E non dico di molti che hanno accompagnato la lettera con bellissime parole. Vi assicuro che ne potrei dare una simpatica antologia. A questi rispondo qui, pregandoli a scusare se il lavoro non mi permette di rispondere ad ognuno personalmente. C’è stato uno che è tornato dalla Svizzera per riportare nella sua Emilia il figliolo morto precocemente; a casa ha trovato la circolare e si è affrettato a spedire la sua offerta…
c) Una quindicina d’Amici. E tra gli oblatori figurano alcuni che voglio ricordare per ragioni particolari. Per esempio, la sig.na Marianna Azzolini, sorella del nostro barbuto e carissimo «Peder», medico del 79° Btg.; e la sig.ra Anna Pelati, che assieme alla figlia ha voluto associarsi a noi in memoria del marito, caduto nel Natale 1941 e ritrovato da me nella neve, al di là del siepone di Novaja Orlovka; e Guardasoni Rolando che ha unito al suo i nomi dei fratelli Caduti, Paride e Raffaello. I sigg. Ugo Tomini di Turrida (UD) ed Ezio Mazzolini di Codroipo (UD) hanno voluto ricordare rispettivamente i Caduti Umberto Dean e Romano Leon. E l’Associazione ANAI di Udine nella persona del presidente Rino Garbagnati ha voluto commemorare i Caduti Armando Zanutta, Elio e Francesco Bragagnini e Geminiano Dri. Voglio ricordare poi i sigg. Nicolò dottor Quarantotto di Cervignano, Luigi Valent di Gorizia, Carlo dotto Giacomelli di Udine, Michele dottor Gregoratti e Duilio dottor Levi di Porpetto, Ferruccio Sandrin di Muscoli, il co. Ideo Carpi di Cadelbosco Sopra (RE), un anonimo a mezzo di Trento Ferrari, e lo stesso mons. Lionello Del Fabbro, abbate di Latisana, che spontaneamente hanno voluto collaborare alla nostra iniziativa.
d) Un’idea inghiottita. In uno di quei voli di fantasia, che non mi sono infrequenti, mi sono detto: «Sai cosa faccio? Affinchè TUTTI i Reduci appaiano aderenti all’iniziativa e per poter pubblicare l’elenco con gli indirizzi di TUTTI i Reduci (per conoscerci e contarci almeno sulla carta), verso io un’offerta anche per gli «assenti», mettiamo di L. 300 a testa (164 x 300 = L. 49.200). Poi qualcuno mi ha osservato che forse il gesto non sarebbe stato interpretato bene … L’avrei fatto con buona intenzione. Ad ogni modo, la Sacra Scrittura dice: «Chi ha orecchie per intendere intenda».
PARTE SECONDA – STORIA E SIGNIFICATO DELL’INIZIATIVA.
l. – Chi ne ebbe l’idea.
«Ad ognuno il suo – dice un nostro proverbio friulano – e così al diavolo non resta nulla». L’idea, dunque, non fu mia. L’han capita anche i polli che l’idea l’ebbero i nostri due amici Latisanesi, Giovanni Todisco e Vittorino Petiziol; essi ne parlarono prima con alcuni amici del Cervignanese, i quali ne furono entusiasti, e poi con l’Abbate di Latisana, che la approvò di tutto cuore. Poi vennero da me, perchè le dessi attuazione.
A Latisana parlano «veneto», molto più che «friulano». Ora vi dico il motivo pratico per il quale tirarono in ballo me ed il motivo ideale che li spinse a promuovere un monumento «nostro» fatto con una Madonna. E ve lo dico con le loro parole. Quanto al motivo pratico, non siamo più bambini – io sono veccchio, ho sessantun anno – e ci è facile capire certe cose. «Per dirla scjeta – ecco come parlò Todisco – semo vignui da lu, perchè se ‘l bate lu a danari, se tira sù qualcossa de più. Mi li go tontonai bastansa per questo e per quello».
E per il motivo ideale ecco come si espresse Petiziol: «Noialtri semo tutti un po’ cativuti e preghemo poco; e po’, oggi l’un doman l’altro, andemo a farse benedir. No ‘l saria bello far qualcossa che resti? No ‘l saria bello sgnaccarghe là una Madonna de noaltri e dirghe: “Prega ti, Madonna, per noaltri e per i nostri Caduti e per le nostre fameje”».
E tutti due mi aggiungevano: «El xè vero, gavemo fatto molto per il Tempio di Cargnacco, ma se trattaria de far una roba proprio nostra. E ne par che la staria ben vizìn del Tajamento che ‘l ne ga dà il nome. A Latisana gavemo un posto giusto…».
Risposi che l’idea mi pareva buona e che ci avrei pensato su. Ci pensai. E mi vennero dei dubbi: «Cosa diranno i legionari? Penseranno, anche i Friulani, che quelli di Latisana tirano l’acqua al loro mulino. E gli Emiliani e quelli d’altre regioni non obbietteranno che tiriamo un po’ troppo la corda del Friuli? E poi, non diranno tutti che ci sono state fin troppe sottoscrizioni»?
Poi ho finito per vincere ogni dubbio dicendomi: «Ma quei della “Tagliamento” non sono mica femminucce da non capire! La Legione si chiamava “Tagliamento”; e chi ha colpa se il Tagliamento corre dove corre? Se si chiamava Vattelapesca, sarebbe stato giusto fare il monumentino a Vattelapesca. E poichè sull’acqua non si può fare, Latisana è il luogo più indicato». Cosi nacque l’insegna del monumento: «A te, Madonna, presso le foci del fiume che ha dato loro il nome, i Caduti ed i Reduci della Tagliamento».
Quanto alla sottoscrizione, ho pensato: «Non credo d’essermi mai tirato indietro lassù. E mi è toccato qualche volta di chiedere dieci volontari, per cercare i dispersi od i morti, e ne ho trovati sempre venti. Proviamo a rifare così…». Ecco come è nata la prima circolare.
Voi direte: «Perchè racconta tutto questo? Ah, dubitava di noi!». Racconto innanzi tutto perchè ad ognuno vada il suo merito. E quanto al dubitare, occorre riflettere che si trattava di… soldi. E’ vero che al Natale del 1941, quando si fece la colletta del «marco», la colletta fu proposta da qualcuno di voi; e la «Tagliamento» raccolse da sola quanto il CSIR insieme. Ma non siamo più lassù; e a toccarla nel portamonete la gente fa salti mortali. Ad ogni modo, sono qui per confessare la mia titubanza e per ringraziarvi d’avermela smentita.
2. – Quella Madonna come la facciamo?
Ci riunimmo poi alcuni, e più volte, per precisare il progetto del monumentino. La cosa più importante era fissare il tipo di statua più adatto. Mons. Abbate di Latisana ci fece vedere molti esemplari. E fu il dottor Bruno Staffuzza che disse la parola giusta e decisiva: «La Madonna della “Tagliamento” deve essere con le braccia levate al cielo in uno slancio di bontà e di poesia». Scegliemmo quella. Ma che fosse altina, almeno m. 1,70. Quanto al disegno, ci affidammo al prof. Lionello Galasso di Latisana, il quale si prestò con una diligenza e pazienza (con me!) certosine.
Il 2 maggio fummo a Bra, dal nostro carissimo com. Carlo Pesssina della Cp. Mitraglieri di Cuneo. C’erano i comandanti Nicchiarelli e Rosmino e tanti altri amici; tra i legionari ricordo particolarmente Felice Boella da S. Giuseppe di Castagneto d’Alba (Cuneo), che, fatto prigioniero il giorno del Natale 1941, rimase in prigionia ben nove anni. Fummo anche a visitare la mamma e la famiglia del capomanipolo Barale, caduto in quel Natale a Novaja Orlovka. Lassù esposi il progetto nelle linee generali e ci venne data ampia libertà di concordare forma e stile col progettista.
Un particolare: sino d’allora dissi che avremmo dato luogo ben volentieri sul nostro monumento ad un ricordo dei Caduti Latisanesi. Vi è, infatti, nelle parole inserite: «Con volontà di pace e bene Latisana qui ricorda i suoi figli caduti e dispersi di tutte le guerre». Latisana ci ha offerto il luogo e, in seguito, la cura del nostro monumentino; e noi siamo felici che vi siano ricordati, accanto ai nostri, i Latisanesi che come i nostri soffrirono e caddero.
3. – Un’obbiezione giusta.
Sono nato in collina, sull’orlo di una valle, un pressappoco circolare, di circa un chilometro di diametro. E mia nonna mi diceva quando ero piccolo (partii dal paese a nove anni): «Viôt mo’, ninin, bisugne fâ une polente grande come cheste val par emplâ la bocje a dut il mont». E mia nonna conosceva un «mont» che non andava oltre il Friuli.
Non ho agito a capriccio, ma è vero – me ne prendo tutta la responsabilità – è vero che sono stato sbrigativo quanto al dove ed al come si doveva fare il monumento. Avrei potuto scrivere a tutti i legionari chiedendo: «Lo volete o non lo volete? Lo volete lì o là? Lo volete così o cosà?». Non so come sarebbero andate a finire le cose: forse «alla parlamento». Se mai qualcuno non fosse rimasto contento del modo seguito, ne dia la colpa a me, ma stia allegro. «Cosa vuoi torturare? Porta pazienza!», dice Salomone il pirata pacioccone.
4. – Significato delle oblazioni.
Le cose, a questo mondo, chi le intende in un modo e chi in un altro. Il mondo è bello – si usa dire – perchè è vario. E quando ci sia il reciproco rispetto, va bene così. Forse qualcuno avrà fatto l’oblazione solo per un atto di solidarietà con gli amici; ed è già un bellissimo motivo.
Altri l’avranno fatta perchè gli piacque anche l’ispirazione religiosa del monumento. Altri avrà gradito che ci sia qualcosa di «nostro» e di «permanente». Questi e qualche altro sono i motivi «soggettivi» delle offerte, ossia le ragioni per cui ognuno dentro di sè si è sentito spinto a dare il suo contributo.
Ma queste cose nel monumento non si vedono. Il monumento è lì, sta da sè. Parla. Ha un suo significato. Ha una sua voce. Cosa rappresenta? Cosa dice? Lo riassumerei in due parole: «La Poesia della “Tagliamento”». Voi la «sentite» senza bisogno di lunghi commenti.
Ma un po’ per voi, un po’ per qualcuno di voi che mi ha scritto qualche giusta osservazione e molto per gli altri – se avessero la pazienza di leggermi – voglio spiegare che cosa significhino per noi quelle due parole. Ed è di qui, appunto, che sorge la necessità di quella che ho chiamato la «predica lunga».
PARTE TERZA – PREDICA LUNGA DEL CAPPELLANO AI SUOI REDUCI.
l. – I limiti ed il perchè della predica.
Sto per suonare dei cantini, le cui vibrazioni non vi troveranno forse d’accordo con me od almeno non del tutto d’accordo. Ma ho già avvertito che si tratta di uno sfogo personale. Li suono egualmente perchè ritengo che occorra chiarire certe cose. Chi non vuole leggere, faccia punto qui. Gli altri mi ascoltino e procurino di comprendermi: non solo di comprendere quel che dirò, ma anche perchè mi sia messo a dirlo.
Voi due, Magnani e Pagani, mettetevi lì, buoni. E tu là… E tu da questa parte… E tu, Baulino, siediti qui vicino a me; ma sta attento a non fare chiasso, come usi fare di solito. Tunìn, tienlo d’occhio; e se si addormenta, dàgli una gomitata.
2. – Il problema della «Tagliamento».
Quando tornammo carichi di pidocchi dalla Russia, i pidocchi a poco a poco li potemmo eliminare. Ma il marchio di «fascista» la Legione ed i legionari non se lo caveranno mai: nè con l’Orno, nè con l’Olà, nè col Tide, nè con la varecchina, nè con l’acido muriatico. Bisogna riconoscerlo francamente. A bocca larga e non a denti stretti.
E, naturalmente, ne seguono e ne seguiranno molti inconvenienti. Per esempio, si è osato celebrare il Decimo della Battaglia del Natale 1941 senza di noi, che ne fummo i principali artefici. E’ vero che il coraggio civile è ancor più difficile del coraggio in linea. Noi volemmo bene, come fratelli maggiori – eravamo più anziani d’età dei Bersaglieri del 3° ed agli Artiglieri del 3° (il gen. Mario Marazzani, già Comandante della 3a Divisione Celere sul fronte russo e poi Consigliere Militare del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, ci avrebbe voluto presenti).
Per esempio, un questorucolo mise in allarme mezzo mondo per difendere le Istituzioni – si dice così? – quando venne inaugurato il Tempio di Cargnacco. E noi non facevamo che pregare e piangere al ricordo dei nostri Caduti. Per esempio, a Mantova ed a Marmirolo non ci vollero, come fosssimo degli appestati. E succederà sempre che qualche «intrepido» drizzi le orecchie ad ogni nostro raduno.
Eppure noi non abbiamo velleità politiche quando ci ritroviamo assieme. Ci ritroviamo assieme per fraternità di prove e d’armi, per commemorare i nostri Morti, per stringerei la mano, magari per fare una bevuta in compagnia.
Non è da meravigliarsi se persino noi abbiamo un certo riguardo, in alcune circostanze, a chiamarci della «Tagliamento»: penso che alcuni non vengano ai raduni o non abbiano sottoscritto per la «nostra» Madonna proprio per questo. Io stesso – non per vigliaccheria (credo di non essere un vigliacco), ma per evitare discussioni – quando mi chiedono: «Con chi era in Russia lei?», scantono rispondendo: «Ero col CSIR», oppure: «Ero con la Divisione Celere». E’ inutile nasconderlo: siamo dei complessati.
La politica qualche volta ne combinerà delle belle, ma sovente fa fare delle brutte cose. «Così va il mondo, bimba mia!».
Ora io sono qui per reclamare, con la voce più alta, che ci si rispetti tanto quanto noi rispettiamo gli altri. Ci si lasci in pace, quando ci ritroviamo. A voi dico: «Non abbiamo nulla da vergognarci». Agli altri, autorità o partiti o privati, dico: «Non vi abbiamo mai seccati e non vi seccheremo. Chiediamo la “libertà di pregare per i nostri Caduti” e chiediamo la “libertà di essere amici e di volerei bene”. Se c’è un articolo del codice che vieti queste due libertà, fatecelo sapere; e se c’è qualcosa di illecito, di impuro, di non poetico nel desiderio e nel gusto di ritrovarci insieme, rimproverateci. Ci correggeremo. Ma ciò che sporca non è nè il nostro passato, nè il nostro presente: in realtà è la vostra malizia ed il vostro sospetto».
Questa era una prima cosa che mi premeva di dire. E l’ho detta perchè ho il «diritto di dire».
3. – Il mio diritto di parlare.
Dovete scusarmi se qui mi tocca fare una parentesi autobiografica. Non per parlare di me, che sono un niente, ma per dimostrare che ho il diritto di parlare così. Potrei affermare che questo diritto me lo sono guadagnato col mio comportamento da cappellano militare al fronte; non ho guadagnato la pensione, ma la libertà della lingua me la sono meritata. Dirò invece altre cose.
Prima di venire cappellano alla «Tagliamento», ero destinato cappellano della «Julia» in Albania; e dopo, nel 1942, dovevo andare cappellano dell’Aeronautica a Gela. Del resto, un cappellano militare va dove lo mandano. Uno dei motivi per cui non mi sono voluto nemmeno iscrivere alla Associazione ex – Cappellani Militari è perchè mi fu detto da un grosso cappellano: «Il suo cappellanato non conta niente, perchè fatto in una Legione». Stupido pettegolezzo, d’accordo; ma non voglio offrire l’occasione perchè me lo sia ripetuto.
D’altra parte, se fosse sopravvissuto il povero don Cante, mio succcessore alla «Tagliamento», non sarebbe necessario che figurassi io. Mi è toccata anche questa, di restare quel che avevo cessato di essere.
Quando il 21 febbraio 1941 (se non erro) ricevetti il «telegramma precetto» (fui precettato a telegramma) e mi presentai alla «Tagliamento», il primo saluto fu: «Ah, lei è il cappellano? E noi speravamo di partire senza preti!». Più tardi un furbo mi disse che ero andato cappellano di una legione per rifarmi la verginità politica. Sciocchezze! E non mi fu un camminare sul velluto il mio primo approccio coi legionari. Dopo, ci volemmo bene; ed oso dire che ci affiatammo come in pochi casi, e lo siamo quasi di più, adesso. Le cose vere e buone non sono smentite dal tempo.
A proposito di verginità politica. E’ vero che nel 1923 evitai per un soffio un trabocchetto che m’avrebbe fatto bere l’olio di ricino; si accontentarono poi di venire a minacciarmi a casa. E’ vero che nel 1937 scrissi un libretto contro il razzismo (G. Natti Dubois, Ebrei e cattolici in Italia), nel quale esortavo – io umilissimo prete – a non mettersi nella scia della Germania hitleriana. Forse fui l’unico prete italiano a pubblicare un libro su tale argomento; ed un anno dopo ne ebbi una polemica su «Il Gazzettino», il «Quadrivio» e «Il Tevere». E’ vero che nel 1939 ebbi un amaro attacco per costringermi a cedere le mie Opere di Carità; e le salvai passandole ai Salesiani. E’ anche vero che nel 1931, trovandomi all’estero per ragioni di studio, scrissi ad Arnaldo Mussolini, deplorando la lotta in corso fra il Fascismo ed il Vaticano per l’azione cattolica e formulando alcuni umili suggerimenti; e lo stesso Arnaldo Mussolini mi scrisse «grazie» e fece accettare alcune mie proposte. E potrei parlare di come venni chiamato nel 1943 da un colonnello del Servizio Informazioni dell’Esercito per rimproverarmi perchè nelle mie commemorazioni dei nostri Caduti non facevo della politica sostenitrice, ma parlavo solo dei nostri Morti.
Quel giornalista del Gazzettino ora lo è presso un partito antifascista, e di lui si dice: «Ha un merito indubbio, cioè la sua purezza antifascista». Ammappela! E se quel colonnello è ancora vivo, probabilmente brilla per il suo antifascismo.
Potrei parlare anche del tempo che va dall’ 8 settembre 1943 al l° maggio 1945, e delle quattro volte che evitai l’arresto e la deportazione.
Mi vergogno di quanto ho detto e di quanto potrei aggiungere, ma nessuno osi dire che abbia fatto una «oratio pro domo mea». Per me sono chiacchere che non valgono un soldo. Valgono però per darmi il diritto di gridare anche ai sordi: «Sicuro, sono il cappellano della “Tagliamento”. E mi colloco davanti ai miei Caduti ed anche ai miei Reduci. Non toccateli, toccate me. O anzi, lasciateci in pace!».
Oh ecco. Anche questa la volevo dire. Non penso di avere esagerato, nè credo che la mia indignazione non sia giusta e non venga compresa dagli uomini giusti.
4. – Realtà della «Tagliamento».
C’era una volta il fascismo; e nel fascismo la M.V.S.N.; e nella M.V.S.N. la 63a Legione, che reclutava i suoi uomini nella pianura friulana, a destra ed a sinistra del Tagliamento. Non c’entravo, io, neppure per competenza territoriale, perchè sono della montagna (caso mai la 55a, se non erro).
Ma quando la legione fu mobilitata, cessò di essere friulana della pianura. Un battaglione di friulani, uno di emiliani, una compagnia mitraglieri di Piacenza ed una di Cuneo. E, dentro, c’era un po’ di tutto.
C’eran quelli che avevano partecipato attivamente al movimento fascista, ed avevano il filetto rosso sulla manica. C’era qualche reduce dell’Africa Orientale e della Spagna. Ce n’era di sentire vivamente fascista. E c’era anche chi aveva preso la tessera del partito negli ultimi tempi ed era stato iscritto alla milizia d’ufficio.
Una bella varietà, dunque. Devo attestare che non ho riscontrato «faziosità»: od almeno solo tracce rarissime ed in pochissimi. Non so se i miei occhi videro bene. Ma scorsi solamente un vivo amor patrio. Nessuna superbia di superiorità «politica» e nessuna avversione ad altri reparti; anzi, un atteggiamento cordiale e leale verso tutti. Oh, sì, il solito «mugugnamento» all’italiana ed un certo pressapochismo squisitamente italiano.
Benchè la legione «Tagliamento» fosse stata quasi improvvisata con reparti di regioni ben diverse per temperamento, e da principio ci fosse una ovvia – come dire? – gelosia, mi avvidi subito che si stava formando celermente «un’anima della Tagliamento». Quando nel luglio 1941 fummo trasferiti dalla Calabria al Mantovano in allestimento per il fronte russo quell’anima c’era già, e quale! Io, almeno, ne sentivo il battito; ed ero sicuro che i miei ragazzi avrebbero adempito bene il loro tremendo e doloroso dovere.
E lì, nel Mantovano, la «Tagliamento» cambiò volto. Forse fu il Maresciallo Messe, per la vecchia nostalgia di comandante degli arditi nella guerra del 1915-18, che volle una «Legione d’Assalto», coi tempi nuovi «autocarrata». Ed ai due battaglioni della milizia vennero aggiunti un battaglione Armi Accompagnamento, tratto dalla Divisione «Sassari», ed un Autoreparto, tratto dal Genio, entrambi formazioni dell’esercito. Così la Legione «Tagliamento» diventò l’unica unità militare – se non erro – costituita da reparti della milizia e dell’esercito in un tutto integrato. Non so se ci furono, nei primi tempi, difficoltà di amalgamento, anche perchè io mi rotolavo nella febbre. Ma il fatto indiscutibile è che poi ci stimammo, ci volemmo bene ed avanzammo uniti a stretto contatto di gomiti. Per esempio, chi oserebbe solo pensare che il col. Di Franco e i tenenti Pregelio e Zangrande od il sergente Focaccia e tanti e tanti altri del 63° Battaglione AA non sono glorie purissime della «Tagliamento»? Voi ricordate, del resto, quante volte io ripetessi nelle Messe che un uomo non è fatto diverso da un pezzettino di tela – le mostrine – diversamente colorato. Lo dicevo non tanto perchè lo pensassi io, ma perchè lo sentivate voi, era la «vostra realtà».
Occorre ch’io ricordi come vi comportaste lassù? Foste bravi nell’adempimento di quello che ho definito un tremendo e doloroso dovere. E non temo di asserire che aveste, collettivamente ed individualmente, riconoscimenti militari minori di quelli che effettivamente vi siete meritati. Non abbiamo rubato nulla.
E quanto alla condotta, non credo che nessuno si sia diportato meglio di voi. Vi aiutava, è vero, il fatto che in genere eravate di buona formazione morale e per di più con moglie e figli a casa; questo e quello vi facevano più posati. Non dico che qualcosa non ci sia scappato, per esempio qualche gallina. Di scienza mia diretta, cioè fino agli ultimi d’aprile del 1942 quando rientrai in Italia, posso testimoniare che avete reso onore alla legione col vostro contegno. Del resto,
Ed è mai questa la legione che viene disturbata, che dovrebbe arrossire? Non avete che un unico «torto»: di essere stati una legione. Ma quale legione! E metà milizia e metà esercito!
5. – Una delicata differenza interna.
Qui tocco un tasto un po’ dolente. E’ abbastanza naturale che, ritrovandoci assieme, si noti fra noi una certa differenziazione. E siccome i più sono quelli – diciamo così – del tempo «Nicchiarelli», è naturale che Nicchiarelli figuri come il comandante e che quelli del suo tempo si prendano, per così dire, la fetta più grossa della torta.
Ma sia ben chiaro che non ci sono nè primi, nè secondi, nè terzi. Siamo tutti un’anima sola. Io stesso ebbi parte solo al primo tempo. Ci sono poi quelli delle battaglie del luglio e dell’agosto 1942, da Nikitino e Debalzevo al Don; e tra loro ci sono alcuni «vecchi» ed alcuni «complementi». E ci sono quelli che salirono nel dicembre e furono quasi tutti divorati dalla tragedia.
Vi prego, non diamo nessuna importanza a queste diverse fasi. Io non me ne ero mai accorto. Non mi sentivo «minorato» di fronte a quelli che restarono fino al dicembre 1942. Perchè qualcuno si dovrebbe sentire tale? Ci sono sofferenze e meriti squisitamente individuali. Ognuno ha patito quel che ha patito; ed ognuno ha fatto quanto e quando ha potuto. Non voglio sentir a parlare di «caste» fra noi: anche qui ho diritto e dovere di dire, quale cappellano: “Non voglio!”.
Nicchiarelli, Mittica o Rosmino, con tutto il rispetto, non sono che nomi di riferimento temporale. Lasciatemela dire tutta: non mi è mai venuto l’uzzolo di misurare se la medaglia d’oro d’estate brilli più della medaglia d’argento d’inverno. Oh, via! C’è una sola cosa che conti: “Siamo della Tagliamento”. E direi che basta!
So che alcuni, più tardi, passarono all’esercito. Altri al Gruppo «Tagliamento» che stette nei dintorni di Roma fino all’ 8 settembre 1943. Poi si ebbe un Reggimento Alpino «Tagliamento» in Friuli nel 1944-45. Ed una Legione «Tagliamento» altrove.
Gli sviluppi storici furono quel che furono. A cosa giovano le esasperate analisi? Noi, quando ci troviamo, usiamo l’espressione «Reduci della Tagliamento dal fronte russo». E’ una configurazione nel tempo ben precisa. Eppure non è fuor di luogo che ci venga anche chi non fu lassù. Perchè?
Ma perchè, se il nome «Tagliamento» venne continuato o fu rinnovato in altre formazioni, ciò avvenne proprio perchè il nome «Tagliamento» si era caricato ed arricchito di un ben definito patrimonio ideale. E’ a questo che tutti ci richiamiamo.
6. – Situazione personale presente.
Per un complesso di ragioni ognuno di noi ha preso la sua strada. C’è tra noi il ricco ed il povero, il colto ed il meno colto. C’è il credente e forse l’incredulo. C’è il democristiano, il socialista, il liberale, il missino e forse anche il comunista. Lasciatemi dire: perchè queste cose dovrebbero separarci o contrapporci? Noi ci siamo affratellati nel freddo e nel caldo, nella fame, tra i pidocchi, di fronte alla morte. Quando si era lassù, cosa ci divideva?
Non siamo bambini! Perchè le vicende della vita, spesso così meschine, dovrebbero avere più forza? Non riesco a capirlo. Sono forse distinti o nemici tra loro i nostri Caduti? Perchè dovremmo esserlo noi? Amici miei, noi ci ritroviamo uniti soltanto in quanto «ci sentiamo lassù». Tanto meglio se siamo qui; ma non è lecito spegnere l’unione fraterna sigillata lassù. Poesia «mia»? Non credo. Verità di tutti e per tutti.
7. – Il nostro patrimonio ideale.
Quale è mai cotesto «patrimonio ideale della Tagliamento»? Certo un complesso di ricordi e di sentimenti. Certo una comunanza di prove e di sanguinose fatiche. Ed inoltre la giusta sicurezza (noi non diciamo «fierezza») del dovere lealmente e generosamente compiuto. Non ce n’era bisogno, ma ci è stato dato un riconoscimento, non chiesto, da Nikita Kruschev nelle sue parole all’on. Codacci Pisanelli. Quale reparto italiano ne ha avuto uno simile? L’aspetto più interessante non è che venga da un capo bellicamente nemico; nè che venga da un comunista; nè che sia dato ad un reparto cosidetto «fascista».
Non so se ci avete pensato. Ma Kruscev parlò di noi per parlare degli «italiani». Egli capì chi erano gli «italiani» quando conobbe noi. E disse: «Lasciamo stare la politica. Parliamo di voi italiani, sul piano umano. Ho conosciuto quelli della Tagliamento: bravi e buoni… ».
Abbiamo dato anche di fronte al nemico il vero volto ed il vero cuore d’Italia. E scusate se non è una cosa da poco! Ancora due nostre note distintive.
Non ho mai notato, fra noi, vanagloria ed ostentazione, come se fossimo gli «eroi della Tagliamento». Quando si doveva fare la scritta sul nostro monumentino, da principio s’era pensato a mettere: «… presso la foce del fiume che ha dato loro un nome glorioso»; poi abbiamo mandato giù per l’acqua del Tagliamento anche quel «glorioso». «Non vogliamo encomi» stava scritto su un muro diroccato presso il Piave. Beh, non li vogliamo neppure noi. Tanto più che – sia detto sorridendo – non ce li darebbero neppure se meritati. Cosa dice l’altra frase? «O tutti accoppati o tutti eroi». Noi ci accontentiamo di dire: «Eccoci qua, con le carte in regola». E questo nessuno ha mai potuto negarlo.
E la seconda nota è questa. Ho sentito dire da cappellani militari o da ufficiali di altre formazioni che la nostra «Tagliamento» li sorprende per la strettezza del legame fra i reduci, ad un quarto di secolo di distanza. Ogni cosa ha il suo perchè. E’ inutile ora perdersi nell’analisi dei perchè siamo così uniti. Alcuni se ne potrebbero elencare. Ma qualcosa sfuggirebbe sempre. Io stesso mi domando talvolta: «Perchè siamo ancora così uniti?». Un motivo c’è, anche se in parte misterioso. Ed è anche questa una nostra ricchezza.
8. – La Poesia della «Tagliamento».
Ho parlato di «un’anima della Tagliamento». Innegabile. Ed essa ha un suo palpito: «la Poesia della Tagliamento».
Cosa sia veramente ed in che cosa consista, non è facile dire. Come non è mai facile stringere in pugno o vivisezionare quel che è poetico. Però ne voglio tentare una definizione. Perchè il monumentino della nostra Madonna è, a mio avviso, il documento concentrato di questa Poesia.
Amore puro ed appassionato dell’Italia? Senza dubbio. Coraggio e valore leale nel procurare il bene della Patria, sul campo di battaglia o nella vita? Certamente. In tutti un senso religioso della vita, intesa come qualcosa che – almeno nel desiderio e nella volontà – deve ispirarsi a sentimenti nobili ed impegnati? In molti come autentico senso cristiano? Ne sono convinto.
Una schiettezza e semplicità e cordialità di rapporti umani? Ritengo fermamente di sì. I nostri legionari sono della gran brava gente e buona gente, alla buona e col cuore in mano.
Ma la «Poesia della Tagliamento» è ancora qualcosa d’altro; è uno slancio sincero, è un’apertura ideale. Ecco perchè giustamente Staffuzza ha voluto una Madonna a braccia levate ed aperte. Ci siamo noi in quelle mani…
COMMIATO.
Miei carissimi Reduci della Tagliamento! Ad uno ad uno molti amici se ne vanno. Tra i firmatari della sottoscrizione alcuni sono già partiti; Benatti, Bredeon, Paviot, Sabbadini…
Ad uno ad uno ce n’andremo. Niente scaramanzie, chè non giovano. Sulla Madonna della Tagliamento sorgeranno le albe, cadranno i tramonti. Ed il Tagliamento, se non farà capricci, scorrerà lì vicino placidamente. C’è ai piedi di quella Madonna il convegno ideale di tutti quelli della «Tagliamento».
Ai suoi piedi, almeno con lo spirito, il vostro cappellano prega per i Caduti, per gli amici scomparsi, per ognuno di voi, per le vostre famiglie. Ella vi protegga e Dio vi benedica quanto il vostro cappellano desidera ed implora.
Udine, 1° Novembre 1965. Mons. Dott. Guglielmo Biasutti cappellano della «Tagliamento» (in servizio permanente!)
P.S. – E poichè per una ragione o per l’altra questa mia letterona non arriverà che in dicembre, a Voi tutti, alle Vostre famiglie ed agli Amici «Buon Natale» e «Buon Anno»!